La stragrande maggioranza di noi trova certamente fastidiose quelle pratiche commerciali e/o pubblicitarie che consistono nell’interrompere ciò che si sta facendo. Spot pubblicitari che spezzano la serena visione di un film in televisione; telefonate commerciali “a freddo”, ricevute in orari improbabili; annunci pop-up, che rendono per nulla scorrevole la lettura di notizie online: sono, questi, tutti esempi di interruption marketing.
Che cos’è l’interruption marketing?
Il “marketing dell’interruzione” è una strategia comunicativa piuttosto tradizionale, che consiste, come accennato, nell’interrompere l’attività quotidiana del consumatore/utente, promuovendo prodotti o servizi. Nato in epoca analogica, ossia in un periodo ove era quasi impossibile riuscire a personalizzare le comunicazioni, l’interruption marketing ha assunto molto spesso la caratteristica di una costosa comunicazione di massa, nient’affatto personalizzata. Questa strategia operativa ha tradizionalmente tentato di rispondere ad una precisa esigenza aziendale: quella di trovare i clienti, in un certo senso “andando da loro”. Non è un caso che l’interruption marketing rientri nel concetto di “outbound marketing”, ossia marketing “in uscita”.
I limiti attuali del marketing dell’interruzione tradizionale
Oggi, in un mondo dove la customer experience è sempre più personalizzata, proporre tradizionali campagne massive di outbound marketing non produce grandi risultati. Il consumatore risulta infatti essere un soggetto sempre più smaliziato ed esigente: l’offerta decontestualizzata, tipica dell’interrumption marketing tradizionale, attira sempre meno. Chi di noi non cambia canale quando c’è la pubblicità in tv? Chi non reagisce con fastidio alle tante telefonate commerciali aggressive?
Inbound o outbound?
E se invece di andare noi a cercare il cliente, non fosse piuttosto lui a cercare noi? L’alternativa alla pratica dell’interruzione decontestualizzata, che nel mondo contemporaneo appare ormai superata, può essere trovata nel “chiedere il permesso” al potenziale cliente. Si tratta cioè di pianificare una strategia tale che porti l’utente stesso a chiedere di essere informato, attraverso contenuti stimolanti ed utili per lui. Un marketing “in entrata”, che punti cioè sulla curiosità attiva del consumatore. In contrapposizione all’outbound marketing, questa strategia alternativa viene definita inbound marketing. Una strategia certamente meno aggressiva, che ci consente di passare dall’interruption al cosiddetto permission marketing: è il consumatore che deve fornirci il permesso di comunicare con lui. Per avere un’idea chiara di che cosa sia il permission marketing, può essere interessante leggere un breve contributo del suo principale teorico, Seth Godin, comparso nel suo personale blog qualche anno fa.
Esempi di inbound marketing
Il mondo digitale è un terreno particolarmente adatto per elaborare strategie di permission marketing. Ad esempio, un’idea piuttosto utilizzata è quella di profilare accuratamente il potenziale cliente che sta visitando un determinato sito web, chiedendo, per inviare aggiornamenti sui propri prodotti o servizi, oltre alla mail, anche altre informazioni strategiche importanti. Questo consente l’invio di newsletter personalizzate nei contenuti, più affini alle preferenze dichiarate dall’utente. Un altro tradizionale approccio è quello di efficientare le proprie pagine web, attraverso la SEO, individuando le parole chiave più adatte. Infine, un’efficacie azione di inbound marketing è quella di integrare più canali digitali, sito web, blog e social media, puntando a fare degli ultimi due il luogo della diffusione di contenuti utili e stimolanti, dai quali poi approdare, con opportune call to action, a landing pages dedicate ai prodotti e servizi.
Un interruption marketing meno invasivo
Inbound o outbound, dunque? Se a prima vista la risposta appare scontata, vista la tendenza al “garbo” e alla gentilezza che caratterizza le tendenze del marketing contemporaneo – si veda a tal proposito quanto abbiamo scritto a proposito di nudge marketing – anche il metodo dell’interruzione, oggi, può avere le sue chances. I nuovi sistemi di profilazione e targeting dell’utenza consentono infatti di poter “interrompere” in maniera molto più gentile del passato: un conto è essere disturbati da qualcosa fuori contesto, che non ci interessa; altro è ricevere – anche all’improvviso – un’informazione che però è perfettamente in linea con ciò che stiamo cercando.
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